
''Se Pistoia ed Empoli, per tacer di Firenze, parlan male di Prato, giuro che non è colpa del popolo pratese, e non vien dal fatto che sia un popolo peggiore degli altri toscani, poiché è umanamente impossibile, anche per un toscano, esser peggiore di un altro toscano, ma dal fatto che è il più toscano dei toscani, se per toscani s’intende tutti quelli che son meno toscani dei pratesi (16).
Io son di Prato, m’accontento d’esser di Prato, e se non fossi nato pratese vorrei non esser venuto al mondo (17). E dico questo non perché son pratese, e voglia lisciar la bazza ai miei pratesi, ma perché penso che il solo difetto dei toscani sia quello di non esser tutti pratesi (18).
S’immagini quello che sarebbero stati un Dante, un Petrarca, un Boccaccio, un Donatello, un Arnolfo, un Brunelleschi, un Michelangelo, se invece di nascere qua e là, sparsi tutt’intorno a Prato, fossero nati a Prato: e quel che sarebbero Firenze, Pistoia, Pisa, Lucca, Siena, Arezzo, Livorno, se invece di crescere sparpagliate, come sobborghi tutt’in giro alle mura di Prato, fossero state costruite proprio dentro Prato! Sarebbe stato certo un bel guadagno per tutti: perché la storia di Prato sarebbe stata la storia d’Italia, mentre ora la storia d’Italia è la storia di Prato (19).
Non mi par giusto, perciò, che fiorentini e pistoiesi, non so se per gelosia o per prudenza, fingano di non conoscerci, e a chi domanda loro notizie dei pratesi fan le finte di non saperne nulla, di non averci mai sentiti nominare: "Prato? la mi riesce nova", e intanto si dan nell’occhio, e cercano di sviare il discorso, parlando di quanto è bella Firenze, e di quanto è grande Pistoia: quando Firenze, per noi pratesi, non è altro che una Prato di fuor di Porta Fiorentina e Pistoia nemmeno esisterebbe se a Prato non ci fosse la Porta Pistoiese (20).
E mi fan ridere, quanti credono di offendere i pratesi dicendo che sono il popolo più becero che sia in Toscana, anzi in Italia. Come se becero fosse un ingiuria. Un becero è un becero: cioè un toscano allo stato di grazia. E i pratesi son beceri, quando son beceri, non per il fatto che lavoran gli stracci, [...], bensì per il fatto che dicono a voce alta in piazza quel che gli altri italiani tacciono o sussurrano fra quattro mura, in famiglia, e che non han paura di parlare come pensano, mentre gli altri italiani pensano come parlano, cioè biascicando i pensieri come biascicano le parole, e che non temono di "bociare" anche quando hanno torto, mentre gli altri italiani temono di vociare anche quando han ragione, e che, finalmente, son beceri ma pratesi, mentre gli altri italiani son beceri senza neppure il beneficio d’esser toscani, e pratesi (21).
Che l’esser pratese sia un gran beneficio, e più un merito che una fortuna, si vede dall’accanimento dei pratesi nel mantenersi pratesi, quando sarebbe loro così facile farsi passar per fiorentini. (E ce ne sono, per fortuna, che vanno a star di casa a Firenze, e si fan passare per fiorentini: ma son come i fagioli che vengono a galla nel bollore: son bacati, e il bollore li butta fuor di Prato come fuor di una pentola, e fuor di Prato c’è Firenze. Peccato, però, che Firenze stia fuor di Prato: mi fa l’effetto di un cane fuor dell’uscio (22).
Siccome i pistoiesi sono un popolo cortese, lento, quieto, e han l’aria, senza volerli offendere, un po’ addormentata [...], si direbbe che tengano, anche oggi che non c’è più, dalla parte del Granduca, tanto è vero che parlano con la lisca [...] (23). Gran peccato, che i pistoiesi abbiano la lisca, e parlino con la zeta! Perché, a parte il resto, che qui non conta, si può dire in tutta coscienza che i pistoiesi abbian tutto dei toscani, tranne il lato cattivo, che è il meglio dei toscani, massimamente dei pratesi (24).''
Io son di Prato, m’accontento d’esser di Prato, e se non fossi nato pratese vorrei non esser venuto al mondo (17). E dico questo non perché son pratese, e voglia lisciar la bazza ai miei pratesi, ma perché penso che il solo difetto dei toscani sia quello di non esser tutti pratesi (18).
S’immagini quello che sarebbero stati un Dante, un Petrarca, un Boccaccio, un Donatello, un Arnolfo, un Brunelleschi, un Michelangelo, se invece di nascere qua e là, sparsi tutt’intorno a Prato, fossero nati a Prato: e quel che sarebbero Firenze, Pistoia, Pisa, Lucca, Siena, Arezzo, Livorno, se invece di crescere sparpagliate, come sobborghi tutt’in giro alle mura di Prato, fossero state costruite proprio dentro Prato! Sarebbe stato certo un bel guadagno per tutti: perché la storia di Prato sarebbe stata la storia d’Italia, mentre ora la storia d’Italia è la storia di Prato (19).
Non mi par giusto, perciò, che fiorentini e pistoiesi, non so se per gelosia o per prudenza, fingano di non conoscerci, e a chi domanda loro notizie dei pratesi fan le finte di non saperne nulla, di non averci mai sentiti nominare: "Prato? la mi riesce nova", e intanto si dan nell’occhio, e cercano di sviare il discorso, parlando di quanto è bella Firenze, e di quanto è grande Pistoia: quando Firenze, per noi pratesi, non è altro che una Prato di fuor di Porta Fiorentina e Pistoia nemmeno esisterebbe se a Prato non ci fosse la Porta Pistoiese (20).
E mi fan ridere, quanti credono di offendere i pratesi dicendo che sono il popolo più becero che sia in Toscana, anzi in Italia. Come se becero fosse un ingiuria. Un becero è un becero: cioè un toscano allo stato di grazia. E i pratesi son beceri, quando son beceri, non per il fatto che lavoran gli stracci, [...], bensì per il fatto che dicono a voce alta in piazza quel che gli altri italiani tacciono o sussurrano fra quattro mura, in famiglia, e che non han paura di parlare come pensano, mentre gli altri italiani pensano come parlano, cioè biascicando i pensieri come biascicano le parole, e che non temono di "bociare" anche quando hanno torto, mentre gli altri italiani temono di vociare anche quando han ragione, e che, finalmente, son beceri ma pratesi, mentre gli altri italiani son beceri senza neppure il beneficio d’esser toscani, e pratesi (21).
Che l’esser pratese sia un gran beneficio, e più un merito che una fortuna, si vede dall’accanimento dei pratesi nel mantenersi pratesi, quando sarebbe loro così facile farsi passar per fiorentini. (E ce ne sono, per fortuna, che vanno a star di casa a Firenze, e si fan passare per fiorentini: ma son come i fagioli che vengono a galla nel bollore: son bacati, e il bollore li butta fuor di Prato come fuor di una pentola, e fuor di Prato c’è Firenze. Peccato, però, che Firenze stia fuor di Prato: mi fa l’effetto di un cane fuor dell’uscio (22).
Siccome i pistoiesi sono un popolo cortese, lento, quieto, e han l’aria, senza volerli offendere, un po’ addormentata [...], si direbbe che tengano, anche oggi che non c’è più, dalla parte del Granduca, tanto è vero che parlano con la lisca [...] (23). Gran peccato, che i pistoiesi abbiano la lisca, e parlino con la zeta! Perché, a parte il resto, che qui non conta, si può dire in tutta coscienza che i pistoiesi abbian tutto dei toscani, tranne il lato cattivo, che è il meglio dei toscani, massimamente dei pratesi (24).''
da Maledetti Toscani di Curzio Malaparte
14 commenti:
dovrebbero fare leggere maledettoi toscani a tutti i bambini delle scuole elementari e medie di Prato invece di portarli a vedere i monumenti di firenze!
Che l’esser pratese sia un gran beneficio, e più un merito che una fortuna, si vede dall’accanimento dei pratesi nel mantenersi pratesi, quando sarebbe loro così facile farsi passar per fiorentini Hai proprio ragione Curzio.Peccato che ora come ora la maggior parte dei Pratesi non gli pare i vero di fassi passare per fiorentini....Che tristezza...Solo Prato...Orgoglioso di te,Malaparte
Malaparte però era un sinistroide và detto..pensavo che il blog fosse apolitico
pover a te questo blog è chiaramente comunista com è giusto che sia
vedrai e son rossi come ì foco ì nieri e ì gale..
vanno giustiziati nella pubblica piazza!
da wikipedia:
Già dal 1920 aveva aderito al partito fascista di Benito Mussolini e nel settembre 1922 partecipò alla Marcia su Roma. Nel 1924, sotto il nuovo regime, amministrò diverse case editrici tra cui quella de «La Voce». All'indomani del delitto Matteotti, fu il più accanito sostenitore dello "squadrismo intransigente": fondando e dirigendo la rivista "La conquista dello Stato" che (al pari de "Il Selvaggio" di Mino Maccari) sospinse Mussolini, col discorso del 3 gennaio 1925, alla dittatura. Sempre nel 1925 fu tra i firmatari del Manifesto degli intellettuali fascisti.
se questo gl'è un comunista....oh stupidi se un vu le sapete le cose non ragionate vu parlate sempre di politica per sciacquarvi la bocca....
ma cosa diavolo c'entra adesso la politica??? A me di come era Malaparte non interessa, per me era un pratese e fiero di esserlo e questo basta...
facisti comunitti facisti comunitti...
ma chi se ne frea Malaparte era un grande e va rispettato
camerata Malaparte pratese doc...parole sante le sue
gale ci vole ì sondaggio su chi ama o no il Lungobisenzio!
Oh Gale, hanno aggiunto il link a sto blogghe su pratocaffè, tu stai diventando importante!!
Zio
rosso come i foco addirittura eheh
no però la politica un c'entra una ricca sega nulla,per me poteva anche pulire con la bocca il culo del Duce o di Stalin ma rimane uno dei più grandi pratesi che io ricordi.
ci fosse oggi qualcheduno con solo la metà dei pensieri di Malaparte la nostra città sarebbe sicuramente migliore.
"cuore" Malaparte
a firenze mi stanno tutti sulle palle
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